Fin da quando ero piccolo ho sempre provato una fortissima attrazione per i piedi maschili. Alle elementari giocavo con un vicino di casa a leccarci i piedi a vicenda; passione, poi, estesa, alle medie, con altri amici di giochi erotici e segreti.
Premessa.
Nella nostra società, ovviamente non si può parlare apertamente di queste attrazioni. Il nostro non è certo un paese per persone libere e disinibite. Tutto avviene in gran segreto.
Nel 1998 la scrittrice e giornalista Susanna Schimperna scrisse un libretto dal titolo Feet. L’ossessione erotica per i piedi (Roma, Castelvecchi Editore) in cui raccoglieva testimonianze di questa passione diffusissima anche in Italia. Lo divorai letteralmente, alla ricerca di comprendere qualcosa circa l’origine e il senso di questa mia antica passione. Restai un po’ con la bocca asciutta. In verità mi ero fatto aspettative troppo elevate rispetto a un opuscolo che è, in verità, più una raccolta di dichiarazioni feticistiche che un saggio su questa pratica erotica.
Anni dopo, incontrai il libro Compagni d’amore dello psichiatra e psicoterapeuta Vittorio Lingiardi e vi trovai immediata sintonia e totale corrispondenza sotto diversi aspetti. Ciò che lì era descritto ed esplorato era proprio il mio mondo interiore e intimo. Ne restai affascinato.
Le ali ai piedi: ascesi e caduta.
Entrato in seminario prima e in convento poi, l’attrazione verso le estremità trasferita (o sublimata - scegliete voi l’aggettivo che preferite) al Cristo in croce. E io, Maddalena più o meno penitente, mi immaginavo lì sotto la croce ad adorare quei piedi trafitti.
Scrive a proposito Lingiardi: “La corrente simbolica che lega i piedi feriti all’ascensione… ci ricorda il pedaggio pagato dal Puer: Il prezzo della vista che penetra il Divino (…) è un marchio che segna il rapporto con questo mondo normale dei qui ed ora. Per poter volare si deve zoppicare (…) La sensibilità innata che ci consente di ricevere gli Dei… ci ferisce in continuazione e può ucciderci (Hillmann). Il pericolo è quello di negare il doppio aspetto dell’immagine interna, per cui l’innalzamento celeste richiede il piede ferito”. (Vittorio Lingiardi, Compagni d’amore, 1997, Milano, Raffaello Cortina Editore, p. 98s)
In effetti, in quel periodo, il passaggio adolescenziale e l’idealismo della mia prima gioventù mi portarono in una direzione estremamente angelica, che negava il radicamento con la terra: e “aggrappato” ai piedi del Cristo volavo verso il cielo. Ma, come Icaro, rischiavo ogni volta di piombare miseramente a terra per il calore del Sacro Fuoco Divino. E in effetti precipitavo (o almeno io mi sentivo cadere rovinosamente): in seminario di notte, mi infilavo sotto le coperte dei miei compagni a leccargli segretamente i piedi. E per me era un vero sfracellarmi a terra: dalle stelle (degli eterei cherubini asessuati) alle stalle (del mio carnale desiderio erotico).
La felice voluttà: ospitalità erotica.
Gli studi teologici, e soprattutto le aperture di alcune interpretazioni bibliche (non proprio allineate col Vaticano), mi hanno poi portato dai piedi di Cristo in croce al feticismo dell’uomo Gesù. Un passaggio che potrebbe sembrare - ai più - banale; ma per me fu illuminante, perché mi fece scoprire il lato umano ed erotico del Messia: non più un semidio celeste e inarrivabile, ma un uomo che, come me, amava chinarsi ai piedi dei suoi amici. E quell’episodio evangelico (la cosiddetta “lavanda dei piedi”) ripetuto annualmente nei riti della Settimana Santa, mi ricordava molto i miei trascorsi infantili, quando mi divertivo a leccare i piedi dei miei amici.
E il Cristo, da ieratico, si fece decisamente più umano e intriso delle mie stesse passioni carnali.
Tanto da accorgermi, poi, che, in verità, quella non era l’unica scena evangelica che aveva le estremità come protagoniste. In diverse occasioni qualcun@ si getta ai piedi di Gesù. In particolare due episodi decisamente osé e inequivocabilmente feticistici mi colpirono. Li riporto:
Uno dei farisei invitò Gesù. E, mentre erano a tavola, una donna, una prostituta di quella città, saputo che Gesù si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro, si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. (Vangelo di Luca 7,36-38)
Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che aveva risuscitato dai morti. E gli organizzarono una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria, allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli; e tutta la casa si riempì del profumo di quell'unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, disse: "Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento danari per poi darli ai poveri?". Gesù rispose: "Lasciala fare”. (Vangelo di Giovanni 12,1-7)
Mi sembra che in entrambi gli episodi traspare abbastanza chiaramente l’apprezzamentodi Gesù per i gesti di quelle due donne: nel primo caso lascia fare, non ritrae i piedi, né ciaccia la prostituta, con grande scandalo del fariseo che lo aveva invitato e dei commensali; nel secondo caso addirittura dice a Giuda di lasciar proseguire Maria in queste sue cure (sembra quasi di percepire che Gesù stesse godendo e il discepolo lo abbia interrotto proprio sul più bello).
Una felice voluttà in entrambe le scene, che non ha nulla a che vedere con lo sfruttamento dell’altro o l’umiliazione, ma - come scrive Michel Onfray nell’opera Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare - “una relazione che propone di godere e far godere, senza che nessun dolore compaia, né per l’uno né per l’altro” (Michael Onfray, Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare, 2006, Roma, Fazi Editore, p. 169): un ricevere quel dono gratuito (non richiesto e neppure comprato) di piacere erotico che l’altra persona desidera offrire, col suo gesto volontario, come puro atto di amore.
Eros liberato: dalla perversione alla libido.
Che è proprio ciò che pertiene alla mia passione per le estremità maschili.
Eppure, sebbene non ci vedessi né sentissi nulla di patologico, la cultura attorno a me, tabuizzando una simile attrazione, vi gettava un velo di perversione che inquietava il mio animo. Da qui il mio bisogno di leggere, studiare, approfondire, alla ricerca di qualcun@ che, nelle sue analisi, anche solo si avvicinasse un poco al mio sentire. Con sempre grande frustrazione, perché ogni volta l’accento era posto sulla devianza (che, quando andava bene, era detta “parafilia”).
Oltre al già citato Compagni d’amore, altre due furono le opere che sentii immediatamente in sintonia con la mia esperienza e mi fecero esclamare: Eureka!
Uno fu il libro Perv. Viaggio nelle nostre perversioni dello psicologo e divulgatore scientifico Jesse Bering. L’altro il film Kiki & i segreti del sesso del regista Paco León che guardai con la mia chiesa MCC un paio di anni fa.
Jesse Bering, nella sua opera, sfata - se mai ce ne fosse bisogno - il mito della “normalità” in ambito sessuale, dichiarando: “Quando si parla di sessualità umana c’è molto poco di universale. Riconosciamola questa assenza di universalità e l’illusione che la fitta rete delle relazioni libidiche della nostra specie si possa giudicare in base a parametri oggettivi di giusto o sbagliato si sbriciolerà per sempre” (Jesse Bering, Perv. Viaggio nelle nostre perversioni, 2014, Novara, UTET, p. 104). E, poi, attraversa nella sua imponente opera, con grande competenza e ilarità insieme, le varie forme di manifestazione del desiderio sessuale umano, per giungere a una specie di dichiarazione programmatica, auspicando un nuovo sistema di valori, basato sulle evidenze scientifiche, che ci aiuti a navigare tranquilli e disinibiti nelle nostre umane passioni erotiche, per - e così conclude l’opera - “percorrere questo nuovo e magnifico sentiero completamente nudi, da qui all’eternità, liberandoci del pesante armamentario della normalità sessuale e sfoggiando fieri il proprio sé più deviante” (ibid., p. 308).
Sfoggio magnificamente presentato nel film Kiki & i segreti del sesso dove il regista mette sulla scena, in modo incredibilmente ironico e mai volgare, le più stravaganti declinazioni dell’attrazione sessuale dei personaggi: l'efefilia, la sonnofilia, la dacrifilia, l'erotolalia, l'urofilia, la dendrofilia e la arpaxofilia, ecc. Una carrellata di varianti della libido umana che ne sdogana e normalizza l’esistenza.
Entrambe le opere sono state per me davvero utili a liberare la mia carica erotica dal sentore di “perversione” e permettere che la mia libido si manifestasse con libertà e fierezza insieme.
Tra capo e piedi: coincidentia oppositorum.
Nel testo Teoria del corpo amoroso. Per un’erotica solare, il filosofo Michael Onfray all’ascetismo platonico-cristiano (che ha condotto la nostra società verso il disprezzo del corpo, del sesso e del piacere) contrappone l’edonismo cinico-epicureo, basato sulla libertà amorosa e il godimento reciproco degli amanti; e propone di superare i retaggi sessuofobici ancora presenti nella nostra cultura, attraverso una “erotica solare egualitaria” - come la chiama lui stesso - basata sull’ospitalità, che così descrive: “Questa virtù cardinale presso i greci dell’età omerica spinge alla cura dell’altro, alla premura, alla preoccupazione nei suoi confronti, alla sollecitudine, al servizio reciproco, allo scambio di utilità. Essa implica la delicatezza e la dolcezza, la capacità di relazioni intelligenti con l’altro, l’arte di leggere i segni microscopici e di decifrare le qualità infinitesimali in gioco in ogni relazione (…) Accogliere l’altro, dargli ospitalità erotica, porta in primo luogo a porre la relazione sul terreno dove domina la volontà di godimento reciproco” (ibid., pp. 179; 181).
Queste parole del filosofo francese descrivono esattamente cosa significhi per me stare alle estremità di un uomo: dedicarmi ai suoi piedi, accarezzarli, baciarli, leccarli, massaggiarli, prendermene cura anche per diverse ore (più volte sono rimasto ai piedi di un carissimo amico che condivide con me questa passione per 5/6 ore di fila) è veramente accogliere l’altro, dargli ospitalità e piacere erotico, godendo reciprocamente di questo incontro degli opposti (capo e piedi - appunto).
Non c’è nulla di perverso in tutto questo. Nulla di deviante. Nulla neppure di egoistico (al centro, infatti, non sta la soddisfazione di una mia pulsione sessuale). Ma un prendermi cura dell’altro con profonda dedizione e sollecitudine, che genera anche in me profondissima gratitudine e piacere sublime.
E questa ospitalità, questa apertura incondizionata all’altro (dove l’ego svanisce) porta ad una totale fusione col corpo dell’altro così profonda che ne percepisco i microscopici segni e le qualità infinitesimali - di cui parla Onfray - perché davvero gli opposti lì giungono a coincidere: e, in questo fluire dell’unica Energia Erotica, io sono l’altro e l’altro è me
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